RACCONTI MARIANI:

 la storia di un uomo che voleva dannarsi… ma non aveva fatto
i conti con la Madonna

Notizia del 11/12/2009
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C’era anticamente un uomo il quale si Voleva dannare. Non dico che si fosse
proprio proposto di andare all’inferno: dico che s’era messo per una strada da
finire in quel brutto posto. Da buon cristiano qual era stato in principio,
s’era a poco a poco voltato al male, e, facendo un giorno peggio dell’altro, dì
cristiano non aveva ormai più che il battesimo. Niente più messe (figurarsi le
funzioni), né per Pasqua né per Natale, niente più prediche né vangeli, niente
più confessioni né comunioni, niente più vigilie né quaresime né quattro
tempora, niente più divozioni, niente più preghiere, e al posto di tutto questo
tutti e sette i vizi del catechismo… Dite se non è questa la strada che mena
alla dannazione.

Vero è che per dannarsi bisogna fare i conti con la Madonna, vale a dire con
una mamma. Una mamma! Io mi ricordo di quand’ero piccino e, qualche volta, per
un capriccio, per rabbia ch’essa m’avesse tirato via da un pericolo, levato di
mano un vetro o un coltello, raccattavo un sasso o un bacchetto e facevo l’atto
di andarle contro per picchiarla. Nel movermi inciampicavo, andavo in terra,
piangevo, e mamma lesta a rizzarmi, pigliarmi in collo, baciarmi, picchiare e
chiamar brutto, cattivo, il sasso o il bacchetto che m’aveva fatto cascare, che
aveva fatto cascare il suo bambino tanto buono… La Madonna è una mamma.

L’unica cosa di cui non si fosse proprio del tutto scordato, quest’uomo che
si ricordava di Dio e dei santi soltanto per bestemmiarli, era giust’appunto la
Madonna. A volerle bene e a pregarla in modo speciale lo aveva avvezzato fin da
piccino la sua mamma, ripetendogli di continuo, e con discorsi e con esempi,
che non sarebbe finito del tutto a male chi si fosse mantenuto in qualche
maniera devoto della Madonna. La Madonna, infatti è la porta del paradiso, è il
rifugio dei peccatori, è la nostra avvocata – e il tale per aver detto così, e
la tale per aver fatto in quel modo, e i tali perché so io, s’erano tutti
salvati… Un po’ per il ricordo della sua mamma, un po’ perché le cose
imparate da piccini è difficile che qualche cosa non lascino, questo pover
uomo, mentre faceva di tutto per andare all’inferno, pregava ancora la Madonna
e teneva la sua immagine a capo del letto.

La pregava a quel modo. Il rosario, che la Madonna ha tanto gusto a
sentirselo dire, nemmen si ricordava che cosa fosse; aveva a poco a poco
dimenticato le litanie, la salveregina; non sapeva più che l’avemmaria, e due o
tre avemmarie borbottate fra lo svestirsi e l’addormentarsi, ogni sera, eran
tutte le sue divozioni… Arrivò al punto, camminando sempre per quella strada
sciagurata, di scordare anche quella, e della Madonna non gli rimase che il
nome, Maria, forse perché era scritto ai piedi della sua immagine, che gli
pendeva sopra il letto… Se fosse stato meno duro, avrebbe sentito, da
quell’immagine, le lacrime gocciargli sul viso, mentre dormiva.

La Madonna piangeva su quel figliolo che le tornava ogni notte con l’anima
sempre più nera, col cuore sempre più chiuso alle sue ispirazioni, ai suoi
amorosi rimproveri; e vegliandolo, come una mamma il suo piccino malato, perché
la morte non lo venisse a pigliare mentr’era così in disgrazia di Dio, pregava,
diceva per lui le divozioni, il confiteor, l’atto di contrizione.

Ma, se la Madonna piangeva, nemmeno lui, il figliol prodigo, era contento.
Eh, no, alla tavola del diavolo la vera allegrezza non si trova, per quanto
possano sul principio parer dolci i suoi vini. È la dolcezza del veleno, che si
converte in amarezza appena dal palato è disceso in corpo. Se tanti, Purtroppo,
seguitano e seguitano a bere, è perché il diavolo li ha ormai ubriacati e
credono che il rimedio consista nel bere ancora dell’altro, finché tanto ne
bevono che finiscono per scoppiare.

Se avesse dato retta ai rimorsi che sentiva in sé dopo ogni stravizio; se
avesse ascoltato il cuore che gli metteva a confronto il suo stato d’ora (dico
quanto a esser contento) col suo stato di prima, di quando andava alla messa,
alle funzioni, alle prediche, di quando si confessava e comunicava, diceva il
rosario e le divozioni, di quando insomma era un buon cristiano, l’uomo si
sarebbe forse ravvisto, e la Madonna avrebbe cessato di versare quelle sue
lacrime di mamma, di cui il demonio rideva. Invece, per acchetare i rimorsi,
per non sentir que’ paragoni, egli si buttava da un peccato in un altro, da uno
stravizio in uno stravizio peggiore – e la morte intanto si avvicinava.

Anche il pozzo dei peccati però ha un fondo, dopo il quale non c’è che
tornare a galla o sprofondar senza rimedio in casa del diavolo, Che

Dio ci guardi dall’arrivare a quel limite; e se per disgrazia ci s’arrivasse,
ci guardi almeno dalla disperazion di salvarci, che sarebbe uno dei peccati
contro lo Spirito Santo, il peccato che condusse Giuda a impiccarsi quando
ancora poteva chieder perdono a Gesù!

Se non era ancora arrivato a questo, l’uomo si trovava già coi piedi sulla
botola dell’inferno. La disperazione era prossima, e si sarebbe buttato ormai
allo sbaraglio se non era… Eh, chi poteva essere se non quella santissima
Vergine, cui egli non alzava più neppure uno sguardo, ne pronunziava appena il
nome, Maria, con quella stessa bocca con cui aveva per tutto il giorno
bestemmiato il suo Figliolo e i suoi santi? Fatto sta che una notte, dopo
essersi involtolato nel male più di un rospo nella belletta di un pantano,
rientrò in casa, cotto dal vino, rovinato dal gioco, con un gran disgusto di
sé, con la disperazione nel cuore e la tentazione di ammazzarsi. Figuratevi se
pensò a dire le divozioni! Nell’atto però di cominciare a svestirsi, alzò, per
caso o per abitudine, gli occhi all’immagine sopra il letto e cercò la parola,
il nome, le cinque lettere a cui s’era ridotta la sua preghiera, la sua fede,
la sua speranza: Maria. Ma gli occhi – disorientati forse dal vino? – videro in
altr’ordine le cinque note che suonarono tanto dolci in bocca all’arcangelo
Gabriele, e lessero, invece di Maria: Riama.

Provvido errore – se fu errore! Al suo spirito, che, incerto fra la morte e
la vita, riluttante a quella per il disgusto e a questa per il terrore, si
chiedeva gemendo che cosa fare, quella parola, quel nome invertito fu la
risposta, la risposta illuminante, consolante, acquietante: Riama.

Riama: ama di nuovo, ama come una volta, come quand’eri bambino, come quando
dicevi le divozioni… E le antiche divozioni rifiorirono come per miracolo
prima nel cuore e poi sui labbri bruciati dalla bestemmia: Ave, Maria, gratia
plena…

Piegato a terra da una forza dolce e invisibile, l’uomo abbandonò fra le mani
il viso sulla sponda del letto, sotto l’immagine, e pianse, e pianse, e
pianse.

E la Madonna cessò di piangere; la Madonna sorrise, perché quel suo figliolo
era salvo.

Testo tratto da: TITO CASINI, Il Pane sotto la neve, Firenze: LEF, 1935/2,
pp. 53-58.
Fonte: Messa in Latino

RACCONTI MARIANI:ultima modifica: 2009-12-17T09:22:02+01:00da gioiaepace
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