da Il Bollettino Salesiano – Maggio 2010

20100511.jpgDON RUA

UN DON BOSCO… ALLA SAN FRANCESCO

 

Un forte monito per i salesiani, ma anche un messaggio per tutti: il primo successore di Don Bosco ha predicato e praticato una povertà concreta.

 

Una spiritualità semplice quella che don Rua viveva e diffondeva fra i salesiani, ma non superficiale. Ne è prova la sua concezione della povertà. “Chi nel vitto, nel vestito, nell’alloggio, nei viaggi, nelle agiatezze della vita valicasse i limiti che c’impone il nostro stato, dovrebbe sentire rimorso d’aver sottratto alla Congregazione quel denaro che era stato destinato a dar pane agli orfanelli, a favorire qualche vocazione, ad estendere il regno di Gesù Cristo”. “Oh! quante volte desidero di avervi a testimoni di certe conversazioni, in cui buoni Cooperatori svelano candidamente le sante industrie con cui loro venne fatto di raggranellare quell’obolo che mi presentano!… Sprecare il frutto di tanti sacrifici, anche solo spenderlo inconsideratamente è una vera ingratitudine verso Dio e verso i nostri benefattori”. Sono citazioni di una delle circolari più lunghe di don Rua, pubblicata più volte, cvitatissima e definita “attualissima” dall’attuale Rettor Maggiore. Come mai tale apprezzamento verso la povertà da parte di don Rua ?

 

Con l’allontanarsi cronologico della società salesiana dal suo fondatore, e l’inserimento in essa di migliaia di membri che non l’avevano conosciuto, don Rua intendeva mantenerla fedele al “testamento spirituale” che in fatto di povertà “non scherzava”: “Procurate che niuno abbia a dire: questo suppellettile non dà segno di povertà, questa mensa, questo abito, questa camera non è da povero. Chi porge motivi ragionevoli di fare tali discorsi, egli cagiona un disastro alla nostra congregazione”. E poche pagine dopo: “Quando cominceranno tra noi le comodità o le agiatezze, la nostra pia società ha compiuto il suo corso”. Don Rua si pose nella stessa linea. Di fronte all’insediamento di sempre nuove case salesiane che indicava disponibilità di denaro, di fronte ai costosissimi viaggi missionari e alle gravissime spese per la formazione del personale, don Rua chiedeva povertà delle strutture, mancanza in esse di lusso e ricercatezza, abolizione di sprechi, per evitare di veder giudicate “inopportune” le sue “ripetute e insistenti esortazionia osservare la povertà”.

 

Di fronte a qualche abuso in ambito economico/amministrativo, egli intervenne con fermezza, revocò qualsiasi permesso concesso e qualunque facoltà di fare eccezioni. Ma giustificava la sua presa di posizione con motivazioni dogmatiche, storiche, ascetiche, esperienziali. Ricorse all’esempio di Gesù, alle indicazioni del Concilio di Trento, alla storia della Chiesa, alla parola dei fondatori, all’esempio dei santi. In primo piano metteva il Don Bosco del Da mihi animas, caetera tolle. Sapeva che un conto è parlare di povertà e un conto è praticarla. Perciò chiedeva di andare oltre la pratica del voto e della virtù per acquisire “lo spirito di povertà, il che vuol dire che sarà veramente povero ne’ suoi pensieri e desideri, apparirà tale nelle sue parole, si diporterà veramente da povero”. Don Rua non era molto lontano dal “vangelo sine glossa” di san Francesco. Le fonti scritte e quelle orali concordano nel dire che in lui vitto, vestito, calzature, oggetti d’uso erano improntati alla massima austerità e al risparmio, che per proprio uso sceglieva “le cose meno belle e meno comode”. Certo il mondo di ieri non è quello di oggi, ma forse a chi oggi nella Famiglia Salesiana non può fare a meno del cellulare d’ultima generazione, del palmare ultramoderno, del computer superleggero, dell’ipod o ipad – che magari han preso in tasca il posto della corona del rosario – il messaggio di don Rua ha ancora qualche cosa da dire!

da Il Bollettino Salesiano – Maggio 2010ultima modifica: 2010-05-19T08:24:09+02:00da gioiaepace
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